Avevo dimenticato le belle parole del giornalista Gabriele Ottaviani, che nel giugno del 2017 recensì il mio libro su Convenzionali
Quello di cui non vogliamo parlare, Gian-Luca Baldi, Giovane Holden. Nella longlist del premio Comisso. Il tempo ha durata diversa a seconda delle situazioni, anche se i minuti durano sempre sessanta secondi e un secondo è il tempo in cui la luce percorre più o meno trecentomila chilometri, anche se ogni sessanta minuti scatta un’ora e ogni ventiquattro ore scatta un giorno. Il tempo non è mai uguale a sé medesimo. Sornione, si fa beffe di noi che per colpa sua invecchiamo, lui che resta e rimarrà sempre e per sempre identico. E così il tempo di un funerale, dell’addio a un padre amato ma con il quale il rapporto non è riuscito mai a essere meno che estremamente conflittuale, in realtà diventa quello di una vita intera, fra andate e ritorni, salti avanti e indietro nella memoria di una coscienza che rompe gli argini e affronta tutte le domande rimaste senza risposta, tutti i dubbi, i tabù, le paure, i problemi, i silenzi, i rimorsi, i rimpianti, senza pietà né per sé né per gli altri, tutto ciò di cui, in definitiva, non si vuole parlare. Specie quando si ha un disperato bisogno di farlo. Un limpido esempio di prosa sopraffina che scava nei meandri più reconditi dell’anima.