martedì 28 giugno 2022

Canzone-madrigale

Premessa: universalità e atemporalità della song



Mettere insieme parole e musica credo sia uno dei momenti più alti della creatività umana, sicuramente il più antico, che attraversa la nostra storia dagli albori delle espressioni artistiche, come un filo rosso costante e, per molti versi, quasi indifferente ai tanti cambiamenti storici, sociologici e culturali. Da sempre l’uomo ha usato la breve forma vocale per parlare delle cose più diverse, tanto d’amore che di politica, tanto per raccontare la più struggente malinconia o per esprimere il più pungente sarcasmo, tanto per fare poesia e arte che per giocare e divertirsi ( e le due cose vanno spesso insieme).

Lo sanno bene gli Inglesi che chiamano song tanto le liriche di Saffo e Alceo (che, naturalmente, erano cantate), quanto le liriche dei trovatori e trovieri. Canzone è la forma poetica di Dante e Petrarca, anch’essa cantata, e song sono quelle di Dowland, Mozart e Schubert, così come quelle di Lennon-McCartney, Elton John, Queen e Radiohead…

Quale sia la qualità di queste song, sta a ciascuno autore determinarlo, ma un genere così nobile e universale non può certo essere sminuito da cattivi esempi, o modesti repertori così come l’esistenza di brutte e mediocri sinfonie non può di certo nulla togliere alla grandezza delle sinfonie di Beethoven e della sinfonia in generale.

Canzone-madrigale

Cos’è una canzone-madrigale? 

E’ nel corso del 2021 che ho preso piena consapevolezza di due cose che mi avevano accompagnato per tutta la vita e alle quali non avevo mai prestato la necessaria attenzione. Da sempre ho avuto al tendenza a combinare parole e musica e a scrivere quelle che potremmo chiamare, impropriamente, canzoni.

Secondo, da sempre queste canzoni avevano una tendenza ad essere polifoniche.

Già in Raingardens, del 1997, e poi con Xè destin, del 2009 e Ghe rivarem a baita del 2014, queste ultime entrambe scritte per Calicanto, mi sono trovato a fare i conti con una tendenza spontanea a creare canzoni a più voci.

Solo nell’estate del 2021, tuttavia, ho preso piena consapevolezza di questa tendenza, nel momento in cui ho composto le code polifoniche di Scirocco (a 4 voci) e di Io vorrei (a 6 voci!). E solo dopo un anno di lavoro su questi pezzi, col completamento del progetto discografico de L’amor fuggente, ho visto tra le mie mani prendere forma definitiva la canzone-madrigale.

Ho capito così che una canzone-madrigale non deve necessariamente essere sempre polifonica, al contrario, può avere molti momenti monodici. Sua caratteristica è invece che abbia almeno un episodio polifonico, madrigalistico per così dire, in cui l’intreccio delle voci non sia soltanto un arricchimento con un paio di back vocals, nel più puro stile pop, ma un libero combinarsi di voci indipendenti.

Questo il caso, ad esempio, di I colori del cuore, fondamentalmente monodica, ma con l’intenso episodio madrigalistico centrale, de L’amor fuggente e di tante altre.

Per il resto, la canzone madrigale può avere tutte le caratteristiche formali di una moderna song, come intro, strofa, bridge, ritornello, special e coda, oppure giocare liberamente con queste consuetudini formali, eliminandone alcune.

Struttura completa quella de La lontananza non è come il vento (che uscirà in autunno), con quattro delle sei parti appena citate (strofa, bridge, ritornello, special), forma invece inusuale quella di Scirocco a doppio ritornello o, se vogliamo, con coda che quasi sembra voler ricominciare la canzone, e particolarmente complessa quella di M’innamoro di te, anch’essa con coda 1/ritornello bis e due intermezzi strumentali importanti, oltre ad una coda 2.