lunedì 29 maggio 2017

Una riunione decisiva...


Agli appassionati di storia consiglio 'Conspiracy - Soluzione finale', del 2001, che collega intorno ad uno stesso filo due film recenti, 'Lo stato contro Fritz Bauer' del 2015 e 'Anthropoid', del 2016.
IL generale Heyidrich, che sarà poi assassinato in Cecoclovacchia da due parracadutisti nel 1942 (come raccontato in 'Anthropoid') e il colonnello Eichmann, cercato febbrilmente ed infine catturato in Argentina nel 1957 e poi giustiziato in Israele (come raccontato in 'Lo stato contro Fritz Bauer'), si ritrovano allo stesso tavolo in una riunione decisiva per le sorti della 'soluzione finale'. Un film tutto in interni, che racconta unicamente di quella riunione, con una ventina di uomini che parlano, senza una goccia di sangue o uno sparo, eppure il più drammatico e terribile tra tutti quelli che si occupano di Seconda guerra mondiale e di sterminio degli Ebrei. Nel corso di questa riunione un griuppo di uomini decide freddamente, lucidamente, spregiudicatamente di sterminare tutti gli Ebrei presenti in Europa. E arriva anche ad individuare il sistema più semplice, più economico, più veloce: 60.000 Ebrei al giorno, quasi ventuno milioni in un anno (se mai ne esistono tanto come dice Eidrich). Si conclude col Quintetto in Do maggiore di Schubert, il secondo, sublime secondo movimento. Terribile. E interessantissimo.


venerdì 19 maggio 2017

da "Quello di cui non vogliamo parlare" (pp. 81-82)



Frammenti di anima


La narrazione fantastica è esattamente il contrario, è filtrare tutto ciò che è momentaneo, passeggero, che è sovrastruttura, personale, il qui ed ora, e – scavando – andare a cogliere l’universale, l’eterno, quello che resterà per ogni uomo e ogni donna, e che non diventa carta straccia di giornale pochi giorni dopo.
E lo fa col linguaggio delle nostre stanze interiori. Dei nostri tunnel sotterranei.
Soprattutto perché, e forse questa è la cosa determinante, noi non siamo una specie che vive semplicemente nella realtà. Siamo come degli anfibi, con il muso fuori dall’acqua, nel reale, ma la maggior parte del corpo immersi in un’altra dimensione, la dimensione virtuale dei nostri ricordi e delle nostre emozioni.
Forse questo modo strano di vivere sospesi, tra dentro e fuori, tra presente, passato e futuro, appartiene già ai mammiferi. Forse lo fanno anche i gatti, o i cani. Il cane aspetta il suo padrone. Se egli è lontano, vive solo in parte nel luogo in cui sta il suo corpo, e per il resto è là dove sta il suo padrone.
Quando noi siamo al lavoro, in treno o per strada, siamo sicuri di essere proprio lì, con tutti noi stessi?
Non ci portiamo dietro tutta la nostra vita, la nostra casa, i nostri affetti, non viviamo la nostra giornata stando ben poggiati sul nostro passato, e con la testa già rivolta al nostro futuro, pensando a quello che accadrà la sera, la notte, e magari il giorno, la settimana e il mese dopo?
La parte di noi che vive nella realtà nella quale siamo immersi è davvero piccola. E quando succede che invece siamo con la persona amata, esattamente nel luogo in cui vorremmo essere, desiderando che il tempo si fermi, allora quella sensazione di essere quasi tutti lì, nell’istante presente, nell’attimo e di viverlo a pieno, è davvero particolare, unica, straordinaria. E rarissima.
La Rowling ha avuto un’intuizione geniale quando ha parlato di ‘horcrux’. Frammenti di anima. Che Voldemort nasconde in tanti oggetti diversi per divenire immortale. Ma nella vita reale l’anima non ha bisogno di compiere qualcosa di orribile, come un omicidio, per frammentarsi.
Qui una volta di più la narrazione fantastica dimostra di avere intuizioni profonde e geniali che partono dalla nostra realtà interiore.
L’anima si frammenta naturalmente nel corso della vita, lungo la strada. Spontaneamente produce i suoi horcrux.
Ma i suoi frammenti non si nascondono in oggetti intorno a noi, rimangono invece  impigliati in alcuni ‘momenti di tempo’, che appartengono al nostro passato..
Io, ad esempio, sento ben distinto quel frammento della mia anima che è rimasto fermo ai miei cinque anni, nella casa dei miei nonni materni, a Roma. Io sono con una parte di me ancora lì con loro, insieme a tutte quelle risate che non finivano mai legate a quell’uovo alla coque stracolmo di sale perché la saliera si era rotta, mentre aspettavo che passasse a prendermi mia madre dopo il lavoro. E percepisco quell’altro frammento che è rimasto aggrappato agli anni in cui mia figlia Arianna era nata da poco, ed il mondo sembrava ‘perfetto’. Oppure quell’altro, ancorato per sempre alla casa in Sardegna, e a quella scogliera. E ce ne sono altri, tantissimi altri.