Balene spiaggiate
George Benjamin –
A Mind of Winter e altri lavori
George Benjamin (1963) è uno dei compositori più
stimati e conosciuti nell’ambito della musica classica contemporanea. Alcuni
suoi brani, come At first ligh del
1982, sono da decenni ormai portati ad esempio per la raffinatezza e l’eleganza
della scrittura orchestrale, per la musicalità e sapienza compositiva.
Proprio per questo, come compositore, didatta e
studioso, ho riascoltato in questi giorni il suo A mind of Winter, del 2000, Dances
Figures del 2004 e Into the Little
Hill del 2006. Il lavoro più recente di Benjamin è forse la sua opera Lessons in Love and Violence, del 2018
che avevo già ascoltato quando venne allestita a Venezia.
Senza dubbio la sua musica, confermo il giudizio
comune, è di grande eleganza e raffinatezza. Un senso del timbro del tutto particolare.
E allora qual è il problema?
Il problema è, a mio modesto parere, che in tutti
questi lavori, la storia sembra essersi fermata. La Seconda Scuola di Vienna e
lo stile atonale di Schoenberg e Berg si è qui cristallizzato, apparentemente, per
l’eternità. Dopo centoquattordici anni è ancora lì, immobile, senza un’idea
aggiunta che sia una, una piccola differenza, una trovata qualsiasi che ci
racconti che siamo nel Terzo Millennio. È pur vero che questi sono lavori di
molti anni fa, ma lo stile di Lessons in
Love e Violence non sembra poi così diverso. Per l’ennesima volta torno a dire che questa
paralisi dell’evoluzione stilistica di tutto un mondo è non solo una novità
assoluta nella storia dell’arte, ma ha qualcosa di malato, di insano.
Vogliamo dire che oggi ognuno ha il diritto di
scrivere come gli pare? Ammettiamolo pure, ma non sono certo gli alfieri di
questo stile a sostenerlo. Costoro sostengono, al contrario, di essere ancora all’avanguardia. Un’avanguardia
partita cento anni fa e non ancora tornata a riferire al suo esercito, perché
spiaggiata miseramente come giganteschi capodogli sulla sabbia del XXI secolo.
Questo è il problema. Non avvertire nemmeno il più
vago profumo degli anni che stiamo vivendo, un modo diverso di esprimere ansie
e paure, oscurità e speranza, ma sempre e solo quel sapore e quel colore degli
anni atonali dell’Arnold. Ma sarà pur cambiato qualcosa nel nostro animo?
E poi oggi, nonostante abbia combattuto tutta la vita contro queste definizioni che definivo grossolane, antistoriche e banali, oggi questa "pandissonanza" persistente e intrusiva, faccio sempre più fatica ad accettarla, il mondo è cambiato e così il nostro orecchio. Le armonie pungenti del modernismo hanno tutto un altro sapore oggi. L’armonia è in profonda evoluzione e sono altri gli autori che ci raccontano di come sta evolvendo e così il nostro animo e gli stili del nuovo Millennio.
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