Qualcosa che mi ha
ferito molto a proposito dell’Amor
fuggente
Vorrei tornare ancora
una volta su di un tema a me molto caro, quello del razzismo nel mondo dell’arte
e in modo particolare della musica e dei pregiudizi che ancora persistono in
questo mondo.
Vorrei farlo prendendo
spunto da un commento che ho ricevuto a proposito del mio progetto di
canzoni-madrigale L’amor fuggente e che mi ha ferito molto.
Si tratta del commento di una amica, collega, profonda conoscitrice delle cose dell’armonia, della musica vocale e della polifonia e il cui giudizio aspettavo con ansia e con gioia.
Il suo commento non è
stato, apparentemente, negativo, al contrario. Ma se lo si analizza con
attenzione, mostra pienamente tutti i radicati pregiudizi sui quali si basa, e
quindi il razzismo che alla fine esprime.
Questa mia amica ha
semplicemente scritto:
“Non sono competente
per dire alcunché sulle tue canzoni, ma mi fa molto piacere vedere che sei
felice”.
Non voglio commentare la
prima affermazione, comunque molto discutibile. Ma voglio soffermarmi sulla seconda: ma mi fa molto piacere vedere che sei felice.
Questa è la cosa che mi ha veramente ferito.
Perché ?
Perché, se avessi composto
dei brani di musica ‘seria’ basati sulle poesie di Pablo Neruda, che sono
poesie gioiose e solari, sono sicuro che a nessuno sarebbe mai venuto in mente di
accostare la mia vita privata al mio lavoro compositivo. Perché l’Arte con la A
maiuscola può anche partire dalla realtà, dalle nostre cose quotidiane, ma poi
opera un filtro, rielabora e sviluppa, mette una distanza tra il punto d’origine
e quello d’arrivo e va oltre. Questo lungo processo rende impossibile fare un’equazione
elementare tra ciò che si prova e la musica che si produce. Tanto è vero che le
cose più sublimi e gioiose che Schubert ha composto appartenevano al suo
periodo di massima disperazione e malattia, e questo vale in parte anche per
Mozart e per tanti altri compositori.
Dov’è allora che
avviene questa equazione? Evidentemente nella cosiddetta canzonetta, una forma
d’arte inferiore, se d’arte si può definire: sei felice, scrivi una bella
canzone d’amore, sei triste, scrivi una canzone triste.
Trovo che questo
giudizio sia profondamente un pre-giudizio, e non tiene conto del fatto che il
mio progetto compositivo sia un progetto complesso, che nell’album L’amor fuggente è presente una tavolozza
molto ampia di testi, nessuno dei quali, e ci tengo a sottolinearlo, appartiene
direttamente alla mia vita tranne una: Raingardens,
composta per la maternità di mia moglie e il concepimento di mia figlia, canzone
composta allora nel 1997, ma completata e registrata ben venticinque anni dopo.
Vale a dire che la composizione definitiva ha preso la sua forma molto tempo
dopo, e quindi tra l’evento e l’atto compositivo è presente un lungo processo
di rielaborazione e riflessione.
Certo tutto deriva dal mio vissuto, vissuto che tuttavia può nascere anche dall’osservazione degli altri, del mondo che mi circonda. In questo agisco da scrittore, e quando ho scritto Quello di cui non vogliamo parlare nessuno ha commentato dicendo: quanto sei triste!
Nell’Amor fuggente ci sono tantissime
situazioni diverse, costituiscono un progetto compositivo poetico e musicale
che arriva a quasi un’ora di musica, la durata di una sinfonia.
Commentare un progetto simile con le parole mi fa molto piacere vedere che sei felice è un disconoscere la serietà e nobiltà di questo progetto e relegarle a sfogo di seconda classe. La canzone quindi non è un degno manufatto artistico, ma una produzione minore e naïf.
Vorrei sottolineare che l’album comprende 12
canzoni-madrigale, sette delle quali sono già uscite su Spotify e You Tube. Le
altre dovrebbero uscire in autunno.
Tanto per fare un esempio, ho scritto le prime battute di M'innamoro di te nel 2006, appena separatomi e nei primi mesi della mia nuova casa, lontano dalla mia famiglia. Sicuramente non un periodo felice, e nel quale non ero proprio innamorato di nessuno. Oggi è la composizione forse più lunga e complessa dell’album, con due episodi strumentali, una forma per niente usuale e una tavolozza di colori che dipinge le tante sfaccettature dell’innamorarsi: gioia e paura, euforia e smarrimento, forza e fragilità. L’amor fuggente è un brano filosofico e non leggerissimo, per quanto sia un inno all’amore, non lo definirei proprio una canzone d’amore felice. Raingardens, come ho scritto, è dedicato alla maternità e alla vita, ha dei colori complessi e il testo non è esattamente leggerissimo: “I giardini della pioggia crescono su oceani di dolore dove venti d’acqua intessono onde di vita…” Infine I colori del cuore, una composizione molto scura, decisamente dark: “verde cobalto è malinconia, blu oltremare tristezza profonda, black i black, black is black”. E mi fermo qui.
Sono tutte operazioni colte, come d’altronde lo sono le canzoni
migliori: si parte da un elemento reale e si trasforma in arte, in qualcosa di
universale e valido per tutti gli uomini.
In una canzone un testo
è anche un pre-testo per raccontare una storia musicale, e qui ogni pezzo
racconta storie musicali diverse in cui ci sono idee formali, armoniche,
melodiche, timbriche differenti. Il tutto dà forma ad uno dei lavori
più colti, complessi, coerenti e
riusciti che abbia mai composto.
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