Dopo tre
album straordinari, creati in collaborazione col poeta bolognese Roberto
Roversi, Il
giorno aveva cinque teste (1973), Anidride solforosa (1975), e Automobili (1976), nel 1977 Dalla esordisce per la prima volta anche come autore
delle liriche, con Com’è profondo il mare.
A vent’anni avevo immaginato
di intervistarlo e di domandargli di questo exploit, di come era diventato ‘poeta’
così, all’improvviso, raggiungendo da subito livelli così alti.
Solo recentemente ho trovato
delle testimonianze – una lettera di Dalla stesso – che spiegano questo piccolo
miracolo:
«Da
lui ho imparato tutto, a
scrivere da solo le mie parole, ma sopra ogni altra cosa l'emozione pura. Ogni
volta che scrivo qualcosa vado da lui e mi basta il fuoco o la noia che leggo
nei suoi occhi per capire se ho fatto bene o male».
Ma sono altrettanto
interessanti le parole che Dalla scrisse poche ore aver completato l'incisione
del loro primo disco, e che testimoniano di un’esperienza creativa unica e
intensissima: «Mi hai insegnato tutto: ad avere rispetto e
paura nello stesso tempo e amore per il mio lavoro amore perché non venderei
questo disco neanche per la vita di mia madre (forse ho esagerato), perché lo
proteggerò anche a costo della mia vita, perché mi sento di cantarlo e di
suonarlo davanti ai re (se ce ne sono ancora) e davanti agli straccioni, ai
sindaci, ai matti e ai santi. (...) Ogni nota ogni accordo ogni inflessione
della voce la verificavo tra me e me ma soprattutto tenendo presente quello che
tu avresti voluto, preferito o scelto e cantato. Il buffo è che avevo la
sensazione che avresti cantato benissimo anche tu.(...) Non vedevo il momento
che arrivasse la mattina per cominciare a lavorare e cantare a tradurti e a
tradurre in suoni sentimenti grida e anche battiti ritmici di cuore le tue idee».
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